Un bilancio dovuto…

Un bilancio dovuto…

Quando la routine diventa insopportabile e l’energia vitale latita, fatichiamo a cogliere il
senso della vita: eppure c’è sempre, basta cercarlo nel modo giusto… Mi scrive un amico:
“Quando ho compiuto 50 anni ho iniziato a fare dei bilanci, a chiedermi dove stia il senso
della vita: non mi è piaciuto per niente. Mi sembra di non aver concluso nulla. Sì, ho il mio
lavoro, una bella famiglia. Ma mi chiedo: è tutto qui? Il senso della vita è solo questo?
Cerco una logica, ma non la trovo. A volte mi sembra tutto così scontato, non ci trovo più
gusto”. Andrea conclude con una smorfia di amarezza, non è il primo che, di fronte a un
bilancio sul senso della vita, cade in un blocco esistenziale.


Fare bilanci della vita è una delle attività più inquinanti per la psiche: costringe a guardare
le cose dal punto di vista di “quello che il mondo si aspettava da me”. Non solo: fare bilanci
ci allontana da noi stessi, ma è del tutto inutile ricordare ad Andrea “quanto di bello c’è
nella sua vita: prendere sul serio un atteggiamento sbagliato, anche solo per contraddirlo,
è a sua volta fuorviante. L’errore di Andrea è proprio questo: cercare “una logica” dove
una logica non ci può essere. Il senso della vita non sta in una sequenza di cause ed
effetti, non ha nulla a che fare con progetti e realizzazioni, ma è qualcosa di affine a un
profumo, a una sensazione, a una melodia, a un colore. È attraverso i sensi, il corpo, i
sintomi che l’anima ci fa intravedere, le opportunità, le nuove pagine che si possono aprire
che la mente s’interroga sul senso.

A pensarci bene, vivere significa essere in un viaggio nel quale ogni momento è nuovo:
ma se non siamo più ricettivi e aperti, se ripetiamo uno standard, se pensiamo di sapere in
modo definitivo chi siamo e cosa dobbiamo fare, i sensi si spengono e quindi anche il
“senso delle cose. Ecco la chiave: Andrea allora non ha perso il senso della vita, ha
perso… i sensi in particolare, il gusto. “Non trovo più gusto nella mia vita”, dice infatti. E il
suo sintomo psicosomatico, la costante amarezza in bocca, a cosa allude? Al fatto di aver
smarrito il piacere, il sapore di fare “le sue cose”, di seguire le proprie tendenze, di
assecondare le proprie intuizioni. I mille “sensi” che danno gusto alla vita emergono solo
nel quotidiano, nei gesti, nelle azioni, nelle emozioni, negli incontri. Sono improvvisi e
mutevoli. Sono le nostre fioriture, i nostri germogli.

Bisogna ritrovare il gusto: ecco come interpretare correttamente il messaggio nascosto in
quel sintomo tanto fastidioso. Per farlo occorre togliersi i panni del personaggio di tutti i
giorni: “Il senso per me è sposarmi e fare una bella famiglia; il senso è trovare un lavoro di
prestigio; il senso è essere buoni e fare il bene”. Questi sono solo slogan, progetti dell’Io,
ideali chiusi, limitati, spesso soffocanti.

E se la vita avesse altri progetti per te? Se volesse farti percorrere altre strade? Ritrova il
gusto: Andrea, dopo aver esaminato alcune domande ha provato a percepire i propri stati
interiori senza mascherarli dietro a progetti o intenzioni. Soprattutto, ricominciamo anche
noi a sorprenderci, a fare cose forse un po’ strane, ma che sentiamo di dover fare: seguire
un desiderio inaspettato, conoscere persone nuove, assecondare un interesse antico ma
trascurato. Il senso della vita riappare se procediamo nel nostro viaggio. Alimentando il
nostro fuoco interiore, ma per farlo occorre mettersi al centro del nostro pensare, agire,
amare, non alla periferia della vita.

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