Sosta nell’anima Riflessione

Sosta nell’anima Riflessione

Bisogna sostare nella nostra anima per comprendere dove il Signore vuole condurci,
perché diventiamo davvero esperti e capaci di guidare la nostra vita e quella dei nostri
fratelli. “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad
acque tranquille mi conduce. Rinfranca l’anima mia, mi guida per il giusto cammino a
motivo del suo nome. Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché
tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Davanti a me tu prepari
una mensa sotto gli occhi dei miei nemici. Ungi di olio il mio capo; il mio calice trabocca.
Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella
casa del Signore per lunghi giorni”.


Il salmista dunque parla di questa familiarità con i “pascoli erbosi e le acque tranquille”
come metafora della disponibilità a lasciarsi condurre dalla nostra coscienza o intelligenza
valutativa e dal Signore, affidandoci al suo “bastone e al suo vincastro”, la nostra
necessaria sicurezza che ci consente una vita prudente. Anche il vangelo di Luca invita a
“calcolare ed esaminare”, non in una prospettiva puramente materiale, ma in un quadro di
riferimento più ampio che ha presente valori umani, morali e spirituali. Solo se sappiamo
“esaminare e realizzare con prudenza” viviamo e facciamo vivere questi valori. Serve
tuttavia la capacità di capire se le nostre singole decisioni sono in armonia con la
coscienza, questa “voce” della ragione che indica il bene nostro e degli altri.

Abbiamo purtroppo fretta, troppa fretta. Stiamo in equilibrio sulle melodie suonate dallo
stress e dall’ansia, che a loro volta si alimentano della grande quantità di responsabilità e
pressioni che pesano sulle nostre spalle. Così, a soffocarci è il passare del tempo, succede
senza che ce ne rendiamo conto. Tutto questo ci fa perdere il contatto con la nostra anima.
Non ci accorgiamo di vivere con il “pilota automatico” azionato, che in qualche modo si è
trasformato nel nostro stato di default. In molte occasioni agiamo per inerzia, senza
pensarci troppo e senza apprezzare l’attività in questione. Così arriviamo alla conclusione
che i giorni non hanno abbastanza ore, le ore non hanno abbastanza minuti… e l’anima
non ha abbastanza tempo.

Ci perdiamo nel mare delle responsabilità, che molto spesso diventa un immenso tappeto
sotto cui nascondere i nostri problemi. Andare avanti è importante, ma lo è di più non
perdere quello che succede mentre avanziamo. Guardando solo dritto davanti a noi,
ignorando il dolore della nostra anima, perdiamo il tempo a nostra disposizione. Lo stesso
tempo che fugge dalle ferite che non chiudiamo e che hanno bisogno di ricevere affetto,
non di essere ignorate.

Quanta prudenza ci vuole per sostare nella nostra anima! La fretta del fare ostacola la
sosta in noi stessi per porci alcune domande essenziali sulla vita, il senso della stessa. Nel
vangelo Gesù parla del ricco stolto che dopo aver fatto un ricco raccolto si dice: “Ora
allargherò i miei granai e dirò alla mia anima di riposare in pace”. Ma subito segue la
risposta a questa affermazione: “Stolto stanotte morirai, tutto ciò che hai accumulato a che
cosa ti serve?”. Quanta saggezza ci vuole per non vivere accumulando “beni sulla terra che
il tarlo e la ruggine consumano e i ladri rubano”. (Vangelo)

Ci sono due atteggiamenti che sono segno di grave mancanza di prudenza: il disporre in
maniera scorretta dei propri beni come se non dovesse mai arrivare per noi il rendiconto
finale e l’inizio di un progetto di vita che non comprende il calcolo dei sacrifici richiesti. Sia
le scelte egoistiche sia quelle edoniste non sono prudenti. Le facciamo quando non
soppesiamo in coscienza il nostro operato e decidiamo secondo abitudini, adottando
sempre i medesimi comportamenti, giustificandoci con la scusa che tanto è l’andazzo di
tutti.

La prudenza consiste nel vagliare e attuare scelte nuove, senza rinnegare quanto
abbiamo fatto nel passato. Non è bene trincerarci nel rifiuto di ogni cambiamento specie
quando ci rendiamo conto che certi modi di vivere non sono più in grado di rispondere alle
esigenze personali e sociali. Mi scrive Valentina su Web: “Se vogliamo stare bene,
dobbiamo eliminare dalla mente il più terribile “virus”: l’impazienza. Kafka diceva che la
fretta è” il vero grande peccato da cui derivano tutti gli altri”.

Quanti errori commettiamo per questa malattia del secolo! La fretta ormai ci ha resi dei
robot sincronizzati in tutto. Le nostre parole sembra che escano dalle nostre tasche, non
dalla mente, e continuiamo ad avere gli stessi comportamenti telecomandati. Siamo
pertanto ripetitivi, obsoleti, noiosi. Siamo appassionati di questo personaggio che debutta
davanti a una platea vuota, certo che la sua immagine sia l’unico valore da ostentare.
Scrive Paulo Coelho: “Tanta gente tenta di mostrare il lato peggiore di sé. Cela
la forza interiore con l’aggressività; dissimula la paura della solitudine con
un’aria di indipendenza. Non crede nelle proprie capacità, ma vive proclamando ai quattro
venti i propri pregi”.

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