Il cocchiere delle altre virtù

Il cocchiere delle altre virtù

La tradizione umanistica, infatti, attribuisce alla prudenza la guida delle altre tre. È definita
“cocchiere o auriga” delle virtù, in quanto le conduce al loro compimento. La giustizia, la
fortezza e la temperanza hanno bisogno di un comportamento prudente per manifestarsi.
La prudenza pertanto svolge una funzione specifica di guida delle virtù morali. Anche se la
volontà di essere giusto, temperante e forte interiormente è un’ottima cosa, occorre poi
realizzare nei fatti la giustizia, la temperata e la fortezza. Senza le sagge indicazioni
proprie della prudenza, le altre virtù non si realizzerebbero nei fatti.

La giustizia deve essere esercitata con prudenza per non condannare un innocente o
essere di parte nel sostenere una scelta, una situazione famigliare, amicale. Oggigiorno
sembra normale prendere le parti delle persone che contano e omologarsi alle cattive
abitudini. Per alcuni è ragionevole mentire per il proprio tornaconto. Ecco allora intervenire
la prudenza come indicatore del bene.

La prudenza guida anche la virtù della temperanza, che modera gli eccessi del piacere.
Siamo alla ricerca costante di emozioni totalizzanti: mangiare bene, vestirsi bene,
trascorre le serate tra alcol e droga, fare sesso, avere tanti soldi, insomma vivere di forti
emozioni. Occorre frenare la corsa verso le diverse orge. La prudenza suggerisce di
moderare la fiumana del piacere e indica come meta la gioia.

La prudenza serve anche alla “fortezza”, una qualità di cui oggi si vedono sia eccessi che
mancanze. È in eccesso quando diventa smania di comandare e sottomettere; difetta se ci
facciamo sostituire nelle nostre responsabilità. Occorre sempre esercitare la prudenza nei
rapporti per non essere dipendenti o peggio ancora prepotenti.

Mi sono chiesto spesso come mai la prudenza che modera e guida le altre virtù sia una
qualità umana così poco apprezzata. Forse perché è vista come un limite alle nostre
azioni, accostata alla cautela dei bigotti, alla circospezione dei perfezionisti, alla
diplomazia dei clericali e anche alla doppiezza e dissimulazione dei nostri veri pensieri.

Si confonde la prudenza con la viscida abilità del manipolatore o con la paura del debole.
Prudente diventa il contrario di audace: un po’ ipocrita, un po’ fifone. Una persona infantile
che segue ancora i suggerimenti dei genitori: “Studia, va piano in macchina, metti la
maglia di lana, non fumare”. Tutto questo con la prudenza non c’entra niente.

Noi stiamo parlando di una virtù bella dell’uomo, dell’arte di saper scegliere quello che vale
di più, di raggiungere gli obiettivi. Questa qualità umana non va considerata in termini di
divieto, negazione, rinuncia, limite dei nostri pensieri e scelte: è uno strumento
importantissimo in grado di metterci in condizione di usare la nostra intelligenza econoscenza per conseguire ciò che è bene, vero, giusto. È una virtù straordinaria, ci
orienta verso obiettivi sani e luminosi e ci frena di fronte al male, alla stupidità e a un modo
di vivere insensato e, a volte, anche malvagio.

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