Una mamma uccide tre figlie: curiamo la malattia del vivere

Una mamma uccide tre figlie: curiamo la malattia del vivere

L’opinione di Don Chino
2014-03-10 12:13:20

Una mamma che uccide le sue tre figlie ci sconcerta, ma forse dobbiamo insieme diagnosticare e curare quella malattia del vivere presente in molti.
Gli esperti della psiche
faranno tante ipotesi sul movente che ha portano la mamma albanese Edlira Dobrushi,
a uccidere le sue tre figlie Simona di 13 anni, Keisi di 10 e Sidnei di 4.
Diranno che il movente va cercato nella solitudine e povertà e angoscia della
donna, nella perdita di ogni speranza o in un trauma profondo confusionale
improvviso. Cercheranno la risposta più attendibile accompagnata come sempre da
un frullato di parole e test sulla mamma pluriomicida. Io mi soffermo davanti a
queste tre creature uccise barbaramente e mi chiedo: perché questa mamma (e
altre in questi anni) prende in mano un coltello e uccide la vita che ha
partorito e fatto crescere? Basta rispondere che si tratta di un attimo di
annebbiamento mentale, di un episodio di scompenso grave che stacca la mente
dalla realtà?  Dobbiamo chiederci se
forse non c’è qualcosa di più pericoloso da analizzare e aggredire con la forza
della mente e del cuore. E’ giunto il momento di fermarci ed analizzare
seriamente la malattia del vivere che, come un virus, sta infettando molti. La
malattia del vivere trova spazio in molte persone che sottovalutano il dono
della vita e lo pospongono ai soldi, al lavoro, a una crisi affettiva. «Sono
sola. Non mi aiuta nessuno. Non ce la facevo più», avrebbe mormorato la donna
ai medici che le prestavano i primi soccorsi. Alcuni opinionisti hanno
commentato queste parole, sostenendo che questa danna aveva paura per il futuro
suo e delle tre figlie dopo la separazione dal marito; l’incubo della miseria
la tormentava. Ma basta la solitudine, la povertà per indurre una madre a
impugnare un coltello e assassinare le sue tre creature? Non bisogna forse
approfondire un pensiero perverso che sta diffondendosi che vuole sostenere che
la vita vale di meno delle sicurezze economiche, del matrimonio, della
solitudine?Madre Teresa di Calcutta griderebbe: “La vita è la vita: amala!”. 
La vita è il dono personale più grande e prezioso, è il valore assoluto.
Su questo dono sono state scritte tantissime regole e libri.
In questo nostro tempo dell’avere, la vita 
non vale, si può danneggiare, mettere in pericolo, sopprimere. Non basta
a fermare tanta violenza contro la vita i nostri discorsi di circostanza, le
esternazioni emotive che durano qualche giorno. Ormai siamo abituati a leggere sui giornali, o
sentire in TV, di persone picchiate per strada, famiglie intere massacrate,
ragazze violentate, bambini uccisi dai genitori e la cosa più brutta è che
questi per noi sono solo numeri, numeri che si sovrappongono e che man mano
perdono valore perché sono sempre gli stessi, le stesse situazioni: cambiano le
città, i nomi, ma ogni giorno queste violenze si ripetono.                 Insomma,ci siamo abituati a
queste tragedie! Quello che più fa male è pensare che in un paese progredito
come il nostro, su quel letto matrimoniale una mamma ha adagiato le sue tre
figlie uccise quasi fosse una unica bara da ostentare come spiegazione della
sua condizione umana difficile. Per favore, di fronte a tanto orrore fermiamoci
a riflettere.Qualcuno ha detto che ormai siamo abituati a leggere sui giornali,
o sentire in TV, di persone picchiate per strada, famiglie intere massacrate,
ragazze violentate e la cosa più brutta è che questi per noi sono solo numeri,
numeri che si sovrappongono e che man mano perdono valore perché sono sempre
gli stessi, le stesse situazioni: cambiano le città, i nomi, ma ogni giorno
queste violenze si ripetono. Guai se ci abituiamo, rassegniamo di fronte a questo
potente virus che ha intaccato la vita.La rassegnazione è la colpa più grave
dell’uomo del nostro tempo che s’appaga solo di alcune emozioni negative che si
esauriscono molto presto. Non c’è una soluzione immediata a questo male,
purtroppo, non ci sveglieremo un giorno sapendo che tutto è finito, che siamo
liberi dalla violenza contro la vita. Tutti insieme tuttavia di fronte a queste
tre sorelline uccise dalla loro mamma dobbiamo rispondere a una domanda: “Io
metto la mia vita e quella degli altri al primo posto?”.

Don Chino Pezzoli

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