QUEL PICCOLO MONDO DI IERI : L’abbigliamento dei trisnonni

QUEL PICCOLO MONDO DI IERI : L’abbigliamento dei trisnonni

L’opinione di Don Chino
2018-07-18 10:20:10

“I ricordi che ci riportano nel passato hanno qualcosa da suggerirci, da insegnarci. Conservano esperienze, desideri raggiunti, ideali che solo il futuro ha potuto accertare. Nel mio piccolo mondo di ieri, povero di cose e ricco d’umano, ho conosciuto persone, vissuto fatti che hanno lasciato in me il desiderio di correre verso il futuro con in mano la fiaccola accesa.” Don Chino Pezzoli

L’abbigliamento
dei trisnonni

Come sempre accade, il
modo di vestire nel passato rifletteva condizioni sociali, economiche,
atteggiamenti e modi di pensare della gente. Gli abiti, anche se di foggia
piuttosto complicata almeno per le donne, non avevano alcuna pretesa di
eleganza per la maggior parte della popolazione.  Gli uomini ne possedevano quasi sempre due,
che usavano sino quando non si rendevano inservibili, anzi rattoppati passavano
da padre in figlio. Vi era quello abituale e quello delle grandi occasioni di
stoffa più pregiata, che veniva custodito con molta cura.

La famiglia patriarcale
di una volta era in genere autosufficiente e traeva dall’agricoltura e
dall’allevamento quanto era necessario per vivere, perfino la materia utile per
la confezione di stoffe e vestiti.  Crescevano
rigogliosamente nelle campagne piante di cotone, lino e canapa, che fornivano
fibre molto resistenti e confortevoli, filate col fuso e tessute al telaio dalle donne
pazienti e laboriose. Nei luoghi incolti e lungo le siepi abbondava la
ginestra, da cui si poteva ricavare una fibra usata per ricavare stoffe molto
resistenti, ma di qualità meno pregiata. Le pecore fornivano,
oltre al formaggio, lana
in abbondanza per indumenti e coperte. Il baco da seta, levato non solo dai
contadini ma anche dalle famiglie benestanti, forniva la seta anch’essa
lavorata in casa.

In una società di
stampo e predominio maschile, la donna non aveva possibilità di scelta neanche
nel campo dell’abbigliamento. L’uomo esigeva che essa fosse casta e pudica e a
lei non era concesso lasciar nuda alcuna parte del corpo. Le più fortunate, a
cui era concesso, nei giorni di gran calura, bagnarsi nell’acqua del mare,
dovevano farlo con una lunga tunica, che le copriva sino ai piedi, lontano
dagli sguardi maschili, essendo agli uomini interdetta la zona dove prendevano
il bagno le donne.

L’abbigliamento
femminile consisteva in lunghi vestiti che si componevano di vari pezzi: la
sottana, un grembiule lungo fino alle caviglie che la donna portava per tutta
la giornata Completava il vestito un corpetto aderente dalle grandi e larghe
maniche, che si restringevano al di sotto del gomito e, su di esso, un corto
gilè, reso rigido da stecche e allacciato sul petto da cordoncini incrociati.
D’inverno sopra il vestito la donna portava un ampio scialle, che le ricopriva
gran parte del corpo.

Sui capelli, divisi in
due bande, formanti trecce avvolte attorno al capo o, con forcine di ferro o di
osso “ferretti e ferrettini” tenute ferme sulla nuca o un po’ più in
su “a corona”, portava un fazzoletto di panno più o meno pesante o
una tovaglia di lino, che le copriva le spalle. Le ricche signore indossavano
vestiti, che riproducevano più o meno lo stesso modello. I vestiti delle
signore però, erano lavorati con più gusto e raffinatezza, spesso ornati di
merletti e trine e ricamati con arte.

 Sempre per le signore, un ruolo importante,
per conferire loro eleganza, esercitavano gli accessori. Indispensabili erano i
guanti di pelle finissima per l’inverno, di pizzo e traforati per l’estate.
Coprivano il capo con un cappello con una veletta, che arrivava fino al mento e
dava al loro viso un grande fascino. Non mancava la borsetta in cui custodivano
i vari oggetti personali. Completavano l’abbigliamento graziosi ombrellini, che
le signore benestanti portavano in ogni occasione. Amavano anche ornarsi di
gioielli, quali lunghi orecchini e anelli di squisita fattura, spille, collane.

Le contadine in genere
stavano a piedi nudi sia in casa che fuori. Indossavano le scarpe solo quando
dovevano recarsi in paese anzi, abituate a stare scalze, facevano il tragitto a
piedi nudi e mettevano le scarpe solo quando arrivavano in prossimità delle
abitazioni.

L’abbigliamento
maschile generalmente consisteva in una camicia bianca di tela spessa su cui
gli uomini indossavano un gilè, senza maniche e abbottonato davanti. Portavano
calzoni di panno confezionati con panno grossolano di color nero, molto larghi
e lunghi.   Avevano giacche corte di fustagno o di velluto
chiamate, un berretto di lana lungo, che scendeva sulle spalle, e ai piedi
sandali formati con un unico pezzo di pelle tenuto stretto da cinghie.

Gli uomini di
condizione sociale più elevata indossavano vestiti, che si componevano di
pantaloni lunghi, giacca abbottonata in alto con tre o quattro bottoni
accompagnata dal gilè su cui spiccava la catena dell’orologio da taschino.  Sotto la giacca era d’obbligo la camicia
bianca di seta o cotone. Avevano baffi molto all’insù, che conferivano loro
virilità e autorevolezza. 

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