QUEL PICCOLO MONDO DI IERI : La stanza dei bachi da seta

QUEL PICCOLO MONDO DI IERI : La stanza dei bachi da seta

L’opinione di Don Chino
2019-03-07 08:30:23

“I ricordi che ci riportano nel passato hanno qualcosa
da suggerirci, da insegnarci. Conservano esperienze, desideri raggiunti, ideali
che solo il futuro ha potuto accertare. Nel mio piccolo mondo di ieri, povero
di cose e ricco d’umano, ho conosciuto persone, vissuto fatti che hanno
lasciato in me il desiderio di correre verso il futuro con in mano la fiaccola
accesa.”
Don Chino
Pezzoli

La stanza dei bachi da seta 

In alcune case negli
anni ’40, si coltivavano i bachi da seta. Una stanza del solaio veniva adibita
come vivaio dei piccoli bruchi. Si viveva allora in tuguri, spesso con scale e
ballatoi di legno sgangherati, interrotti da alcuni gradini spaccati e mai sostituiti
e da ballatoi con protezioni cedevoli o inesistenti. L’avviso di porre
attenzione veniva detto e ripetuto ai bambini, con esito incerto. Sta di fatto
che qualcuno stramazzava sulla scala o peggio si trovava al piano inferiore
infilando il piede in una fessura o appoggiandolo su una tavola logora dal
tarlo.
 

L’agilità ci aiutava,
non sempre però. Qualche bernoccolo in testa e ferita sulle braccia e gambe non
mancava mai. L’unico pronto soccorso era quello familiare con qualche
fasciatura alle ferite con un pezzo di lenzuolo liso e uno scappellotto per non
aver posto attenzione al pericolo. Allora, tutto era regolato dalla prudenza
che sovente si mostrava insufficiente per tutelare l’incolumità dei piccoli e
dei grandi.
 

La stanza dei bachi
da seta dunque si trovava spesso in cima alla scala di legno, ripida e
dissestata, affiancata da un ballatoio di legno di dubbia sicurezza. Era per
noi bambini qualcosa di straordinario arrampicarsi per quei gradini fino alla
porta della stanza, una porta massiccia e appoggiata su due cardini consumati
dall’uso. In quella stanza s’issavano a maggio tavole di canne per porre
miriadi di vermiciattoli, biancastri e flaccidi, intenti a divorare le foglie
di gelso.
 

Terminate le
settimane della pastura, i bachi si rinchiudevano come volontari prigionieri
dentro una capsula dorata, fabbricata da loro stessi sputando un interminabile
filo giallo, che formava il bozzolo di seta. Noi bambini seguivamo ogni tappa
di questa meravigliosa opera. Quel filo che formava il bozzolo era per noi un
vero spettacolo.
 

Un bruco piccolissimo
costruiva la sua casa giorno dopo giorno. I grandi dicevano ai piccoli che quei
bozzoli erano per le famiglie come la manna, specialmente per quelle più
povere. Le famiglie senza il necessario erano tante e anche noi bambini
soffrivamo la fame. Qualche famiglia allevava polli che poi vendeva a quelle
più ricche per quattro soldi. Ghiottonerie erano la polenta, il latte, i fichi,
lo stracchino e il burro fatto in stalla e confezionato con le felci o le
foglie dell’uva. Quanta fame!
 

Il cesso veniva
costruito con quattro assi e qualche lamiera nell’orto ed era usato da più
persone. L’accesso era promiscuo, senza litigi per il diritto di precedenza,
perché si mangiava poco e quindi erano rare le occasione per servirsene. Una
certa attenzione, come già accennavo, era riservata ai bachi da seta. Le
famiglie con più prole, dormivano in una sola stanza per lasciare libero il
posto alla maturazione di questi 
redditizi bozzoli.  Il mio amico
Mario m’informava che nella stessa stanza, durante l’allevamento dei bachi da
seta, dormivano otto persone: il padre e la madre con tre figlie nel letto
matrimoniale e i  tre maschi su un
pagliericcio di scartoffie steso sul pavimento.
 

Più volte andai ad
osservare quei piccoli tessitori all’opera. Mario mi informava sui tempi, sulla
maturazione e sui guadagni che la sua famiglia avrebbe certamente avuto. La
stanza del miracolo economico era riscaldata con la stufa a legna, anche se il
tepore del mese di maggio si faceva sentire. Mario mi spiegava che il caldo era
necessario per tenere in vita il bruco.
 

Mario mi spiegava inoltre che suo padre era un
allevatore esperto e appena i  bruchi avevano  terminato i bozzoli venivano gettavano in
acqua bollente per uccidere l’insetto, poi il bozzolo veniva asciugato in
cucina vicino alla stufa a legna per essere filato successivamente.
L’immersione in acqua bollente permetteva al 
filo di seta di staccarsi dal bozzolo. Era compito poi delle mamme e
nonne raccogliere in un batuffolo il filo, pronto per la vendita.Un mondo,
quello d’allora, povero che noi anziani conserviamo nella memoria, non per il
gusto di fare confronti, ma solo per evitare i tanti lamenti quando ci  viene a mancare qualcosa.

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