QUEL PICCOLO MONDO DI IERI : La bicicletta e il ciclista

QUEL PICCOLO MONDO DI IERI : La bicicletta e il ciclista

L’opinione di Don Chino
2018-12-12 20:16:57

“I ricordi che ci riportano nel passato hanno qualcosa da suggerirci, da insegnarci. Conservano esperienze, desideri raggiunti, ideali che solo il futuro ha potuto accertare. Nel mio piccolo mondo di ieri, povero di cose e ricco d’umano, ho conosciuto persone, vissuto fatti che hanno lasciato in me il desiderio di correre verso il futuro con in mano la fiaccola accesa.” Don Chino Pezzoli

La bicicletta e il ciclista 

La
bici è un mezzo comune nella vita di tutti i giorni
, la si
usava molto in passato, ma anche adesso, nei paesi, donne e uomini transitano
in bicicletta per le strade per recarsi a far la spesa o raggiungere la casa di
un amico. E’ il mezzo di locomozione più utilizzato e diffuso nel mondo e non
so quanti si siano mai chiesti a chi, per primo, venne in mente di unire un
telaio alle due ruote e creare così la favola della bicicletta. A mia volta
animato da curiosità mi sono cimentato in una ricerca e proverò a farne un
riassunto, in pillole.
 

Come in ogni
favola che si rispetti
, si inizia con il fatidico “c’era una volta”. Ebbene,
c’era una volta un genio, pardon in questo caso è d’obbligo usare la maiuscola,
un Genio dicevamo poiché parliamo del sommo Leonardo da Vinci; senza dubbio un
uomo avanti di un secolo rispetto ai suoi tempi. Leonardo ideò diverse macchine
mosse dalla forza delle leve e da quella dell’uomo, risalendo al “Codice Da
Vinci”, per la precisione al “Codice Atlantico” troviamo nel II Tomo al foglio
133 il primo disegno compiuto di un mezzo che possiamo definire una
“bicicletta”, lo schizzo appare già completo di tutti gli elementi con i quali ci immaginiamo oggi una
bici quindi pedali, catena, mozzi, correva l’anno 1490.

Per
la costruzione “fisica” vera e propria
di un mezzo dobbiamo
attendere ancora 300 anni ed arrivare fino all’anno 1791. Grazie ad un francese
questa volta, il Conte De Sivrac, egli costruì un mezzo che battezzò “Célérifère” o celerifero,
una sorta di bici interamente in legno, priva di qualsiasi ingranaggio (catena
o pedali) financo priva di sterzo e quindi immaginatevi un mezzo che consentiva
di andare a passeggio stando seduti e spingendosi in avanti con i piedi a
terra, non molto pratico ma era l’inizio di questa evoluzione che porterà alle
nostre bici di oggi.
 

Dovranno
passare altri 30 anni
per avere un nuovo passo tecnico che a noi
indubbiamente deve apparire semplicissimo, parlo dell’aggiunta dello sterzo
alla ruota anteriore, ancora una volta un nobile, un Tedesco, il Barone Karl
Von Drais nell’anno 1817 apporta questa modifica al congegno che verrà poi
chiamata “Draisina
un telaio in legno, cerchioni in acciaio, sedile regolabile in altezza e circa
22 Kg di peso. Parliamo ancora di una sorta di monopattino con sterzo, non è
ancora una vera e propria bici. Questo mezzo di trasporto si completerà negli
anni successivi ed essere dotato i altri pezzi (pedali, ruote di gomma,
manubrio, catena.
 

Con la bicicletta ebbe origine anche il biciclettaio o ciclista, uno dei
mestieri che vanta ovunque una lunga tradizione artigianale. Un lavoro
“manuale”, che è frutto di passione e competenze, 
Denio nella sua bottega Denio nella sua bottega un mestiere Denio nella sua bottega che è abilità manuale e artigiana. In ogni paese, in passato c’erano uno,
due tre ciclisti. Le biciclette erano il mezzo di trasporto di molti, ogni
famiglia possedeva la bici per gli uomini e per le donne, raramente quella per
i bambini. La bicicletta “Bianchi” era una marca famosa per la robustezza e
durata. Manubrio, sella, telaio, pedali e catena che azionava le due ruote con
copertone e camera d’aria, il tutto richiedeva riparazioni.
 

Le rotture della bicicletta erano tante in
passato in  quanto le strade erano
sterrate: le forature, il malfunzionamento della catena di trasmissione, il
gripparsi dei pedali, il manubrio difettoso, il telaio che s’incrinava.  Il ciclista riparava
 ogni guasto con
abilità, economia e pazienza. I pezzi di ricambio, solitamente, li ricavava da
biciclette demolite, raramente si forniva di ricambi nuovi. Il costo della
riparazione doveva essere contenuto, così anche la manodopera. Allora erano
tempi di povertà e la bici serviva soprattutto per recarsi al lavoro. Farla
riparare dal ciclista di fiducia era una garanzia nel risultato e un risparmio
economico.

Tra i ricordi più cari conservo nell’archivio della memoria un ciclista
degli anni ’70.  Giuseppe (nome fittizio)
aveva messo un cartello sulla porta della sua officina: “Si riparano le bici
anche di notte”. A molti la bici serviva tutti i giorni e se si rompeva al
ritorno dal lavoro, la bottega di Giuseppe era aperta fino alle ventidue e di
nuovo dalle quattro per consegnare ai clienti alle sette la bici. Era
appassionato per il suo lavoro, per pochi soldi, a volte anche gratis. Questo
uomo semplice con il martello e cacciavite svolgeva un servizio sociale davvero
meritevole.  

 

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