QUEL PICCOLO MONDO DI IERI : Il mugnaio

QUEL PICCOLO MONDO DI IERI : Il mugnaio

L’opinione di Don Chino
2018-12-05 19:01:12

“I ricordi che ci riportano nel passato hanno qualcosa
da suggerirci, da insegnarci. Conservano esperienze, desideri raggiunti, ideali
che solo il futuro ha potuto accertare. Nel mio piccolo mondo di ieri, povero
di cose e ricco d’umano, ho conosciuto persone, vissuto fatti che hanno
lasciato in me il desiderio di correre verso il futuro con in mano la fiaccola
accesa.”
Don Chino
Pezzoli

Il mugnaio

Il mestiere del mugnaio, oggi praticamente assorbito
dalla grande industria, era un tempo uno dei più diffusi. La figura del mugnaio
era familiare dovunque nel quadro della vita quotidiana: simbolo di benessere,
ed anche di furbizia, perché sempre sospettato di essere un po’ ladro e
profittatore nel maneggiare granaglie e farina altrui.

Per questo gli Statuti medievali ne regolamentavano
l’attività, prevedendo anche multe severe in caso di frode. Girando porta a
porta con il carretto trainato da un mulo o da un cavallo, trasportava i sacchi
di granaglie dei clienti al mulino e restituiva i sacchi di farina. Il suo giro
era puntuale, tanto che la gente, che non aveva orologi, lo considerava un
segnatempo: “Che ore sono?”, si chiedevano mentre passava.

C’erano mulini su tutto il territorio della città e
paesi, alcuni già documentati nei secoli altomedievali. La vita intorno ai
vecchi mulini era attiva. Carri con sacchi di granaglie da far macinare e altri
carri con le farine, crusca da riportare in cascina. Gente che entrava e usciva
dal mulino con l’odore addosso di crusca e quel polverume che imbrattava
capelli, faccia e vestiti. La voce del mugnaio che indicava il mulino, i sacchi
e il lavoro che lo attendeva, come per dire al cliente che il suo tempo da
dedicargli era scarso. Qualche garzone infarinato che fischiettava mentre
buttava le granaglie nella fessura connessa con la mola.

Quel polverume di farina si depositava su vistose
ragnatele dalle fitte trame, attaccate alle travi e travetti del soffitto. I
mugnai si guardavano bene dal rimuoverle, giacché impregnate di farine
ammuffite venivano richieste come emostatico e disinfettante per bendare le
ferite, che spesso i contadini si facevano con falcetti o roncole durante i
lavori in campagna o nei boschi: penicillina ante litteram popolare. Il Mulino
pertanto era per il mugnaio anche un dispensario di pronto soccorso.

Il mestiere
del mugnaio richiedeva forza, esperienza e padronanza di un’arte che si
tramandava da padre in figlio. Il mugnaio era prima di tutto un esperto di
cereali e ognuno aveva i suoi segreti per la macinatura. Nella società rurale
del passato il suo ruolo aveva una posizione di rilievo che gli garantiva un
buon guadagno, ma era rinomato anche come un abile commerciante, al quale la
saggezza popolare attribuiva doti di “bonaria astuzia”, alcuni
scontavano il prezzo per la macinatura, lasciando una parte della farina.
 

Il lavoro lo
dotava di conoscenze di idraulica e di meccanica e in base alla portata d’acqua
o alla forza del vento, controllava la rotazione degli ingranaggi per regolare
la velocità delle macine. Inoltre era un bravo artigiano per far fronte alle
numerose evenienze: doveva riparare gli ingranaggi e provvedere alla pulizia
delle macine, e questa era un’operazione indispensabile che poteva richiedere
un’intera giornata di lavoro. Nei mulini ad acqua le parti più soggette a
guasti erano le pale, che a volte dovevano essere sostituite anche
settimanalmente.

Il lavoro
del mugnaio nell’arco dell’anno cambiava; d’inverno si lavorava molto, ma
d’estate spesso era costretto ad interrompere l’attività per la mancanza
d’acqua o di vento, e in età anche poco avanzata, spesso era affetto da
malattie respiratorie causate dalle polveri fini della farina. Allora i
controlli clinici non c’erano e i decessi venivano classificati sommariamente.

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