QUEL PICCOLO MONDO DI IERI : I cercatori di funghi

QUEL PICCOLO MONDO DI IERI : I cercatori di funghi

L’opinione di Don Chino
2019-03-14 18:32:27

“I ricordi che ci riportano nel passato hanno qualcosa
da suggerirci, da insegnarci. Conservano esperienze, desideri raggiunti, ideali
che solo il futuro ha potuto accertare. Nel mio piccolo mondo di ieri, povero
di cose e ricco d’umano, ho conosciuto persone, vissuto fatti che hanno
lasciato in me il desiderio di correre verso il futuro con in mano la fiaccola
accesa.”
Don Chino
Pezzoli

I CERCATORI DI FUNGHI

In passato le famiglie si dedicavano alla raccolta dei
funghi con discreto successo, naturalmente se la stagione era buona. È noto,
infatti, che i funghi sono soggetti a molte variabili che ne possono
rallentare, o impedire, la crescita. Gli anziani dei nostri paesi dicevano che
la loro crescita dipendeva da inverni ricchi di neve, dai boschi puliti, dalle
precipitazioni costanti e non torrentizie, dai raggi solari che ne favorivano
la crescita.                                                              
                                    

Sono molte le leggende che circolavano intorno ai
funghi porcini. Una tra le più note affermava che un fungo visto, o
inavvertitamente osservato, tendeva a non crescere più.  E gli adepti al rito della sua ricerca, erano
soggetti a regole ben precise, norme non scritte, ma codificate nei tempi
antichi dai vecchi fugai.                                                               

Prima di tutto occorreva recarsi nel bosco in silenzio
ed alle prime ore del mattino per evitare così gli incontri con le vipere che
notoriamente amano il sole. La mentalità o consuetudine diffusa voleva che
coloro che si recavano nel bosco per raccogliere più funghi arrivassero nel
bosco per primi. Mio nonno, infatti, mi faceva fare delle alzatacce per portarmi
nel bosco ” appena che faceva giorno”, ossia alle prime luci
dell’alba.                                                                                                                                 

I cercatori di funghi s’attrezzavano del classico
bastone che facevano rimbalzare sulle escrescenze per individuare tra le foglie
del sottobosco, la presenza dei funghi. Ricordo che mio nonno copriva
immediatamente il buco lasciato dall’asportazione del fungo. Così facendo
preservava la fungaia nascondendo, al tempo stesso, le tracce del proprio
passaggio. E mi ripeteva, ogni volta: “I posti dove crescono i funghi devono
rimanere segreti, a nessuno devi dire dove raccogliamo i porcini, i prataioli. Sono
posti che ci danno da mangiare”.                                                                                     

Le regole principali erano il silenzio e
l’invisibilità! I fungai si conoscevano tutti tra di loro in base al modo di
camminare, di vestire o di atteggiarsi nel bosco.  Evitavano però d’incontrarsi per non dare
punti di riferimento al possibile concorrente. Si avvertiva un fruscio fra i
rami del bosco e, ancor prima di aver chiaramente messo a fuoco il personaggio,
questi già si era dileguato nel nulla. Sempre mio nonno: “Non bisogna mai farsi
notare nel bosco dagli altri, in quale direzione si vai, dove ti fermi per
cercare i funghi potrebbero conoscere i tuoi posti e arrivare loro per primi a
raccogliere il funghi”.
                                                     
                                                                                            La ricerca di posti nuovi dove si trovavano i funghi, era un esercizio assai
difficile. Occorreva un discreto senso dell’orientamento, una buona capacità
nel valutare le mutate condizioni in cui versa il bosco d’anno in anno. Un
tempo i posti dove nascevano i
funghi erano tramandati di generazione in generazione, quasi fosse un segreto
prezioso e lo era veramente in quei tempi di carestia. Ogni volta che mio nonno
sorridente raccoglieva un porcino, mi raccontava che in quel posto ne aveva
raccolti molti, un posto benedetto.

L’attrezzatura necessaria per svolgere questo
affascinante lavoro di stagione era semplice reperibile. Un bastone che serviva
per aiutarsi a mantenere l’equilibrio e,  usato con perizia, facilitava il ritrovamento
dei funghi. Mio nonno portava sempre con sé un piccolo coltellino, utile per
poter tagliare la parte bassa del gambo del fungo prima di raccoglierlo e per
liberarlo da qualche felce che si appiccicava sia al gambo che alla capoccia
del fungo.                                                                                                   

Occorreva, infine, un bel cesto capiente dove poter
riporre i funghi: mio nonno andava nel bosco con un gran telo quadrettato di
cotone che veniva annodato sugli angoli in modo da formare un capiente
contenitore. Lo teneva tra le mani quel recipiente come se avesse un tesoro,
certamente lo era quando finiva in tavola e il suo profumo rallegrava piccoli e
grandi.                                                  

Un mestiere quello del fungaio che è rimasto in alcuni
appassionati che vivono sulle colline e tra i boschi che non disattendono per
hobby di ispezionare il castagneto, il noccioleto alla ricerca di funghi. Ormai
anche questo antico mestiere è scomparso, le fungaie predisposte e coltivate in
terreni idonei, ci hanno tolto anche questa emozione di trovare nascosto tra le
erbacce un grosso porcino e accanto altri più piccoli.

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