QUEL PICCOLO MONDO DI IERI campane fuse in bombe

QUEL PICCOLO MONDO DI IERI campane fuse in bombe

L’opinione di Don Chino
2019-06-06 08:06:10

“I ricordi che ci riportano nel passato hanno qualcosa
da suggerirci, da insegnarci. Conservano esperienze, desideri raggiunti, ideali
che solo il futuro ha potuto accertare. Nel mio piccolo mondo di ieri, povero
di cose e ricco d’umano, ho conosciuto persone, vissuto fatti che hanno
lasciato in me il desiderio di correre verso il futuro con in mano la fiaccola
accesa.”
Don Chino
Pezzoli

CAMPANE FUSE
IN BOMBE
 

Le dieci campane del campanile suonavano sempre: di
mattino, a mezzogiorno, la sera. I rintocchi melodiosi raggiungevano tutti gli
abitanti vicini e lontani della conca. Suonavano le campane e nessuno di noi
era infastidito da quel suono che aveva accompagnato la nostra crescita nei
momenti belli di gioia e di dolore. Durante la seconda guerra mondiale,
Mussolini comandò che le campane fossero tolte dalle torri campanarie e messe a
disposizione per le armi.
 

Furono calate dal campanile alla presenza dei tedeschi
che tenevano a bada, con il mitra puntato, un crocchio di contestatori sulla
piazza. Quel bronzo occorreva all’esercito per vincere la guerra, già ormai
persa, a parere di molti. Gli anziani del paese scuotevano la testa e
mormoravano: “Il duce, prima ha voluto l’oro, il rame delle nostre case e ora
anche le campane”. Un ometto ottantenne in mezzo al crocchio, gridò: “Signore
salvaci!”. Un soldato tedesco con violenza e rabbia lo aggredì, gridando:
“Raus, via!”.
 

Le persone impaurite s’allontanavano da quello
spettacolo di tristezza. Il suono delle nostre campane lasciava il posto al
rombo dei cannoni, al frastuono delle bombe. Quei bronzi che invitavano alla
preghiera, annunciavano la gioia di una nascita, di una solennità, di un
matrimonio e anche la tristezza di un lutto, non c’erano più. Un’epoca sembrava
che finisse e si preannunciassero tempi bui, calamitosi.
 

Come risposta alle ansie e paure della povera gente,
c’era un manifesto affisso ai muri: “Le vostre campane: un dono alla patria!”.
Molti furono strappati con rabbia. Mio padre, commentò: “Il duce comanda un
popolo di cretini!”. Noi sapevamo che certe affermazioni dovevano rimanere
dentro le quattro mura domestiche. Chi discuteva, infatti, sulle scelte del
duce, rischiava d’ingoiare una bottiglia d’olio di ricino e di ricevere alcune
manganellate.

La gente aveva paura e anche i preti ci consigliavano
di tacere e di pregare, mentre le campane venivano caricate su camion militari
e portate via.  Lasciarono sul campanile
le tre campane più piccole per dimostrare, non si sa a chi, il rispetto verso
la chiesa, la religione e i fedeli. Bazzecole! Le campane rimaste ci
ricordavano ogni giorno, con il loro tintinnio, lo scempio compiuto, la guerra,
i nostri bronzi fusi in bombe. I nonni sussurravano ai nipoti che le campane
benedette trasformate in bombe erano il preludio della sconfitta. E così fu…
 

Nel 1945 finì la guerra. La gente subito ebbe in sé
tanta voglia di ricostruire le case, le fabbriche, la famiglia, la società, ma
anche di riportare nuove campane sul campanile per annunciare a tutti la pace,
la gioia, la vita. Ci fu una gara di solidarietà e d’entusiasmo, e un certo
campanilismo (termine che deriva proprio dalle campane) con i paesi vicini per
essere i primi a ripristinare il concerto.
 

Il pane ancora scarseggiava e l’indigenza del
necessario del dopo guerra era assai diffusa, tuttavia le campane non potevano
attendere. Gli abitanti volevano udire di nuovo quel suono che invitava la
gente in chiesa e rallegrava i giorni di festa. Bastò un anno circa di gara
solidale perché il concerto delle nostre campane si diffondesse per la valle.
Erano altri tempi quelli, quando la gente si lasciava accompagnare dal suono
delle campane al mattino per iniziare una nuova giornata, a mezzogiorno per una
sosta del lavoro nei campi, alla sera per dire un grazie a Dio della giornata
trascorsa.
 

Noi ragazzi spesso ci fermavamo sul piazzale della
chiesa con gli occhi fissi sul batacchio delle campane, contavamo i tocchi e
ritocchi e quel suono scendeva nel profondo della nostra anima come fosse un
invito, un appuntamento, un richiamo a sospendere il gioco per tornare a casa.

https://your-app.it/promozioneumana/wp-content/uploads/2019/07/campane.jpg

No Comments

Post A Comment