PER IL NUOVO ANNO

PER IL NUOVO ANNO

L’opinione di Don Chino
2014-12-28 09:17:26

Finisce un anno e festeggiamo. Non si sa perché. Qualche opinionista riflessivo ci ricorda ciò che portiamo nel nuovo anno: dolore, violenza, stragi

Finisce un anno e festeggiamo. Non si sa perché. Qualche opinionista riflessivo ci ricorda ciò che portiamo nel nuovo anno: dolore, violenza, stragi. Un dolore che non è localizzabile in una parte del corpo, ma che ci dà tristezza, quella d’esserci, d’esistere in una storia di divisioni, d’incomprensioni, di rivalità. Un dolore che sfonda la porta del cuore e prepotente ci fa sentire soli, impotenti. 

Per rinascere, ci vuole quella speranza che riporta in noi una scintilla di cielo. Non serve la vendetta, non è bene che alla violenza si risponda con il male…In questo modo, altri lutti colpiranno l’umanità e vivremo sempre nel terrore e dubbio che qualcuno dirotti un aereo, metta una bomba nella metropolitana, si faccia esplodere in un supermercato… Il dolore sofferto non si spegne con la vendetta. 
C’è bisogno di catarsi.  “Liberaci dal male”, dice il credente nei momenti difficili. Questa richiesta vale anche per coloro che credono solo nelle proprie capacità politiche e umane. Preoccupa la spirale della violenza che attesta la nostra impotenza e debolezza e ci fa “produttori” di altre  sofferenze; terrorizza il pensare che solo la forza, la morte dei colpevoli  possa  ripagare le vittime. 
Per cambiare il modo di pensare e d’agire ci vuole una metamorfosi culturale che esige tempo e dialogo.  Si tratta di una trasformazione culturale possibile con l’aiuto e la saggezza d’alcune persone buone, presenti in tutte le culture e religioni, pronte a purificare il male con il bene. Occorre liberare la mente dal male che si manifesta nell’odio e fanatismo, nella vendetta e malvagità che spingono alla distruzione del dono più grande: la vita. 
Troviamo occasioni d’incontro e di dialogo, se vogliamo fermare le stragi, il dolore. Troppo spesso parliamo solamente di globalizzazione economica, intesa come possibilità d’estensione dei beni della terra a tutti gli uomini e non andiamo oltre. Se vogliamo che il dolore che nasce dalle violenze venga meno, lavoriamo tutti per una globalizzazione umana che consiste nel superare le diversità attraverso il confronto, eliminando le povertà economiche e soprattutto culturali con testimonianze vere e collaborazioni autentiche.
Servono, in questa nostra umanità, “confessori” che sappiano mettersi accanto al “peccatore” per curarlo dalla malattia del vivere. “Confessori” che si dimostrano sofferenti, capaci di indicare una guarigione o quantomeno una terapia alla malattia dell’odio.  Basta con le divisioni che “producono” nemici, violenze e lacrime! Se ci sono punti d’incontro tra noi e il mondo arabo e mussulmano o verità in comune: perché ignorarle? La globalizzazione, intesa come conoscenza reciproca e dialogo con le diverse culture, è la sola e vera terapia contro la violenza, vendetta e odio. 
Ecco perché occorre un cammino nuovo e difficile che c’impegnerà per molti anni; un cammino che non permetterà al “tumore dell’odio” di crescere e di trasformarsi in una “metastasi” di vendetta. Nessun Dio vuole la morte dei suoi figli. Siano gli arabi nei loro Paesi e quelli disseminati nel mondo a fermare questo fanatismo omicida. I loro richiami e denunce valgono. E noi tutti, avviliti e sconcertati, non lasciamoci cadere le braccia, non perdiamo la speranza. Ci vengano in aiuto, in questi momenti, le parole di Cristo: “Non abbiate paura, io sono con voi”. Questa certezza vale per tutti, anche per coloro che sono soliti dire a Dio di rimanere lassù. Forse sarà bene che scenda e resti con noi per tentare insieme di capire il valore della pace. Non basta inoltre essere indignati e offesi di fronte agli assurdi massacri, occorre soprattutto impegnarci per bandire dal mondo le ingiustizie, le povertà, le disuguaglianze e guerre. E’ troppo facile sentirci buoni, coscienti e difensori della vita e considerare gli arabi dei temibili killer. 
Per favore, al disprezzo della vita che sfocia nella guerra e terrorismo spietato e omicida, rispondiamo con gesti di umanità e di speranza. I kamikaze proliferano in situazione di miseria, fame e morte. In parte, anche l’egoismo dei popoli ricchi, ha contribuito al reclutamento di questi poveri, addestrati poi all’odio, alla morte. Nessuno esce indenne da questo massacro: siamo tutti retrocessi umanamente. C’è un impegno all’inizio di ogni nuovo anno: umanizzare la terra per fermare i massacri futuri; amare e poi ancora amare, anche i nemici. E’ un comando difficile, ma possibile. Buttiamo quindi nella mente e nel cuore delle nuove generazioni la forza dell’amore, se vogliamo che il mondo cambi e il sangue di tanti innocenti diventi un seme di una nuova umanità.

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