Pasqua, un invito alla speranza

Pasqua, un invito alla speranza

L’opinione di Don Chino
2014-04-17 14:38:05

La Pasqua, non è un evento da ridurre ad un racconto per occupare la mente dei bambini, una narrazione da affidare ai filmati o alle diapositive
La Pasqua, non è un evento da ridurre ad un racconto per
occupare la mente dei bambini, una narrazione da affidare ai filmati o alle
diapositive. Si tratta di un fatto storico che ha interpellato l’uomo di tutti
i tempi. La morte e la resurrezione di Cristo è un evento straordinario che ci
assicura una vita senza fine, il ritorno a Dio. La morte che ogni giorno
sperimentiamo e che ci viene buttata addosso, esce dal buio, dal nichilismo, da
una condizione di espropriazione irreversibile. Trova, nella resurrezione di
Cristo, la sua sconfitta. La morte non abbandona la nostra anima nel solco
della “terra fredda” o in un tumulo.
Sempre l’uomo si è interrogato sul dopo,
sulla morte e le risposte approssimative non sono mai state esaustive. Non
basta assicurarlo che la tomba richiama i ricordi, i sentimenti. Vuole sapere
se oltre il buio della morte c’è una luce, una speranza; vuole con la fede
attraversare il cancello della morte per rompere l’infinito silenzio. La Pasqua
d’ogni anno è la risposta al silenzio della morte. Cristo che risorge ci
assicura che vivremo e che la morte non è l’esproprio totale del nostro essere,
ma un passaggio, un mutamento, uno stato nuovo d’esistenza. Impegnati, in
questi anni, nelle ricerche biologiche, tecnologiche, chimiche e genetiche,
abbiamo speso soprattutto le nostre energie conoscitive nelle scoperte
scientifiche, penalizzando sensibilmente la riflessione sul mistero della vita.
Sono stati quindi zittiti i filosofi, i teologi, i mistici che con le loro
esperienze umane e spirituali, hanno sempre alimento, attraverso i secoli, il
senso del sacro, del trascendente. Dio è stato declassato ad una pura chimera
da conservare nell’immaginario collettivo o segregato come se fosse un
ostacolo, un concorrente per gli intelligenti e sapienti di questo mondo. Anzi,
sono questi ultimi a garantire un futuro libero dalle domande fondamentali e
dal bisogno di Dio; sono questi nuovi illuministi a svuotare di significato la
Pasqua. La stessa croce è un segno vuoto che indica il patibolo, la condanna,
la morte e basta. Quel Gesù di Nazareth non è mai risorto, la tomba vuota
appartiene solamente ai ricordi tramandati, pregni d’emozioni illusorie di cui
gli uomini di tutti i tempi ne hanno avuto bisogno per salvarsi dal nichilismo.
L’ateismo di ieri, ha ceduto il passo al cinismo d’oggi che è come un tarlo che
intacca la mente, il cuore.  Il cinico sa
il prezzo d’ogni cosa e il valore di nessuna. I sentimenti, le realtà
spirituali, le virtù morali sono sprezzate dal cinico perché egli è pronto a
comprare tutto e a finalizzare ogni gesto a sè, calpestando anche il prossimo e
i valori quando questo sia necessario. Stiamo perciò in guardia, perché una
punta di cinismo può sempre infiltrarsi in noi e oscurare la nostra anima che
anela a Dio e alla resurrezione. Sì, la parte profonda del nostro essere
anticipa in sé la resurrezione, il dialogo eterno. Sente la grazia e l’avverte
come un vento impetuoso che la trascina verso il divino, pur essendo ancorata
al presente e alle cose. Esiste in noi quindi una tensione tra ciò che siamo e
ciò che dovremmo essere, tra materia e spirito, tra bene e male.

La Pasqua che celebriamo vuole risvegliare il seme eterno
presente in noi e così favorire una nuova primavera dello spirito e la certezza
della nostra resurrezione. Scrive il grande maestro Carlo Maria Martini in
occasione della Pasqua: “Tutta la nostra esistenza, al di là di una facile
retorica, si gioca prevalentemente sul terreno dell’oscuro e del difficile.
Penso soprattutto, in questo momento, ai malati, a coloro che soffrono sotto il
peso di diagnosi infauste, a coloro che non sanno a chi comunicare la loro
angoscia, e anche a tutti quelli per cui vale il detto antico, icastico e quasi
intraducibile, senectus ipsa morbus, «la vecchiaia è per sua natura una
malattia». Penso insomma a tutti coloro che sentono nella carne, nella psiche o
nello spirito lo stigma della debolezza e della fragilità umana: essi sono
probabilmente la maggioranza degli uomini e delle donne di questo mondo. Per
questo vorrei che la Pasqua fosse sentita soprattutto come un invito alla
speranza”. Quale speranza? Che questa breve vita va oltre.

 

Don Chino Pezzoli

 

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