NON BASTA LO SVUOTACARCERI

NON BASTA LO SVUOTACARCERI

L’opinione di Don Chino
2014-05-02 11:00:47

Alcune forze politiche stanno discutendo come svuotare le carceri. La clemenza verso i carcerati costretti a stare nella cella come le sardine nella salamoia
Alcune forze politiche stanno discutendo come svuotare le
carceri. La clemenza verso i carcerati costretti a stare nella cella come le
sardine nella salamoia, sembra essere necessaria, legittima. I servizi televisivi
sul disagio carcerario non lasciano dubbi: in galera la dignità umana non c’è.
I commenti intelligenti degli opinionisti fanno sapere che un terzo di detenuti
è in carcere in attesa di giudizio; altri tossicodipendenti sono in carcere
perché non si propongono loro alternative di cura nelle Comunità, sul
territorio; altri ancora gli stranieri, prima di uscire dal carcere,
chiedono  un tetto, un piatto, un letto.
Li facciamo uscire dalla galera senza preparare un’accoglienza nella società
come nel 2006 con l’indulto?  Se si fanno
uscire le nostre città che ospitano già, purtroppo, un popolo di poveracci, di
senza fissa dimora, avranno altri miserabili che rovistano nelle pattumiere per
addentare qualche rifiuto ancora commestibile … Si vuole forse condannare la
maggior parte di loro all’accattonaggio, ai furti e rapine per vivere?   In
galera, i poveri ci stanno meglio che in strada, nei lazzaretti cittadini. L’indulto,
sia chiaro, è una scelta obbligatoria per svuotare le carceri ma certamente
riempirà la società di poveracci soli e disperati. Del resto, l’indifferenza
dei cittadini è sempre più diffusa, zittisce un sentimento antico, quello della
compassione e solidarietà. Al povero è persino rifiutato l’evangelico
“bicchiere d’acqua”.  La cruda miseria
umana delle nostre città e periferie, ci sta sempre davanti.  La città dei poveri è una città fantasma che
si popola soprattutto di notte, anche perché quando di giorno queste persone le
trovi agli angoli delle strade, vai così veloce che neanche ti accorgi della
loro presenza. Di notte no, non è così. E’ come se loro decidessero di uscire
allo scoperto, di farsi vedere.  Qualcuno
afferma, stupidamente, che costoro si sono abituati a una vita randagia fatta
di rifugi occasionali e di mense solidali. Sciocchezze!  E’ facile, per noi laccati e profumati,
riempirci la bocca di parole per zittire il buon senso che forse qualcosa
avrebbe da suggerirci… Per noi, novelli “epuloni”, necessiterebbe una
passeggiata notturna in certi lazzaretti cittadini, magari, solo per rilevare,
sfiorare la sofferenza di questi rifiuti umani. Apprezzo chi è sensibile ai
cani e ai gatti randagi e fanno di tutto per toglierli dalla strada e
assicurare cure e protezione. Gli animali vanno protetti.  E le persone che portano in sé una storia
segnata d’abbandono, dolore e disperazione? 
No, quelle non meritano nemmeno la notizia del loro decesso… Mi fa
riflettere ciò che scrisse Vasco Pratolini: “La vita è come una cella un po’
fuori dall’ordinario, più uno è povero, più si restringono i metri quadrati a
sua disposizione”. Per i senza tetto, i metri quadrati, non ci sono
affatto!  Molti detenuti sono persone
ammalate, sole, depresse, compromesse dall’alcol e droghe.  Un sondaggio  ha mostrato che i cittadini (70%) non vuole
l’indulto, l’amnistia.  I cittadini
suggeriscono saggiamente di favorire nella società, prima della scarcerazione,
le condizioni d’accoglienza. Gli editti politici degli “svuota carceri” non
servono per tutelare la vita di questi poveri. Nemmeno serve far  diventare questo problema di sinistra, di
destra e di centro. E’ un problema umano che va affrontato partendo non tanto
dai disordini sociali prevedibili con la scarcerazione, ma dalle condizioni di
miseria in cui la persona fuori dal carcere verrà a trovarsi. Non sono i
cittadini i più penalizzati dall’indulto o amnistia, ma quei poveracci (sono
tanti) che si vedono aprire le porte del carcere e chiudere ogni risposta ai
bisogni primari per la sussistenza. E allora lasciamo queste persone in galera?
Niente affatto: creiamo nella società le condizioni minime per un’esistenza
dignitosa dei più poveri.  Un atto di
clemenza verso i carcerati è un sentimento valido, a un patto però, che non si
tratti solamente di una scelta dettata da una bontà astratta, priva di risposte
reali; risposte ricordate pure dallo stesso vangelo: dar da mangiare agli
affamati, vestire i nudi, alloggiare i carcerati.  Se ci mettiamo d’impegno per queste risposte
(ho qualche dubbio) ben avvenga l’atto di clemenza. 

 

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