MORALITA’ : La coscienza

MORALITA’ : La coscienza

Pensaci Su…
2018-12-05 19:05:56

Tratto dall’ultimo libro di Don Chino ” Tracce di moralita’ ”

La coscienza c’è 

Se la moralità è ciò
che dà forma all’esistenza umana, la coscienza la qualifica. La coscienza è il
nucleo più intimo, il santuario, il luogo della verità. La mentalità popolare
riconosce alla coscienza dignità. I filosofi l’hanno chiamata “voce della ragione”,
“pensiero valutativo”. Il più grande complimento che si possa fare a una
persona è di riconoscerla coscienziosa. Siamo persino gelosi di questa qualità
dell’anima, tanto che la difendiamo con alcune prese di posizione: “Non
permetto che qualcuno si intrometta nella mia coscienza”; “Esigo che si
rispetti la mia coscienza”; “Questo la mia coscienza non lo permette”; “La mia
coscienza è tranquilla”. Sono affermazioni spontanee, che ci vengono naturali
quando dobbiamo prendere decisioni importanti o giustificare i nostri
comportamenti. Persino il comico Totò, parla di questo pungolo interiore: “Di notte, quando sono a letto, nel buio
della mia camera, sento due occhi che mi fissano, mi scrutano, mi interrogano,
sono gli occhi della mia coscienza”.

Gli occhi dell’anima

Totò immagina che la
coscienza sia la “vista dell’anima” che scorge dentro di noi le azioni buone o
cattive della giornata. La coscienza osserva le diverse situazioni, occasioni,
circostanze e sceglie ciò che vale per sé e per gli altri. Trova applicazioni
in ambiti diversi. Nelle relazioni in famiglia, tra amici, nella vita pubblica.
Sembrerebbe che ogni persona abbia gli “occhi dell’anima” sempre funzionanti e
impeccabili. Le scelte e i comportamenti umani poi smentiscono che questa vista
sia tanto limpida. Perché? La risposta, ragazzi e ragazze, è che siamo troppo
indulgenti con noi stessi, pronti a
“vedere la pagliuzza nell’occhio del fratello, ignorando la trave nel nostro”.

La coscienza retta tratteggia i nostri limiti: il guaio è che non siamo
disposti ad accettarli. Ciechi? Se fossimo consapevoli di questa cecità,
saremmo recuperabili. Non lo siamo!

Il seme del bene

Alla domanda di un
giovane: “Perché dovrei avere una coscienza attiva?”. Risposi telegraficamente:
“La devi desiderare per crescere, realizzarti insieme gli altri, uscire da una
condizione di cecità interiore”.  Di
questo sono certo: solo una vita retta, giusta e generosa riserva felicità. Più
volte ho scritto che il bene fa bene, ora aggiungo che solo l’amore dato e
ricevuto, ci assegna il trofeo della vita. Lo stesso Vangelo ci assicura
l’amore eterno di Dio, con quel “Vieni
benedetto nel regno che ti ho preparato perché hai amato”.
È il trofeo che
conta di più, che è consegnato ai “servi
buoni e fedeli”, ai “puri di cuore”,
a quelli che nel mondo hanno vissuto
moralmente. Sono tanti o pochi i giovani che scelgono il bene? Penso che siano
tanti quelli che amano ogni giorno e gettano il seme del bene nell’umanità
perché germogli, fiorisca e assicuri al futuro un’agognata primavera.

I rischi del soggettivismo

Devo però precisare
che il concetto di coscienza è spesso frainteso da voi giovani, che lo chiamate
in causa per giustificare e promuovere tutto ciò che fate.   L’affermazione “decido secondo coscienza”
esprime la convinzione che l’agire di alcune persone non ammette limiti, in
nome di una libertà assoluta. Di qui la necessità di conoscere alcune
caratteristiche della coscienza morale che non può esaurire il suo compito
nell’affermazione “io penso e agisco a modo mio”, senza confrontarsi con i
valori umani comuni e i principi o regole giuridiche, religiose e con quel buon
senso che fa appello ai modi comuni di comportamento. La coscienza morale non
può ignorare la cultura umanistica e religiosa, che accomuna gruppi, società,
nazioni. È interessante e chiarificante ciò che afferma lo scrittore Cesare
Pavese, a proposito di coscienza: “L’individuo
non ha un ideale morale, perché nella sua assolutezza (eterno presente) non si
adegua a una norma, ma è lui stesso norma”.
Cioè, l’individuo diviene
legislatore per se stesso.

La legge e la
coscienza

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