Lettera aperta a Massimo Bossetti

Lettera aperta a Massimo Bossetti

L’opinione di Don Chino
2015-05-09 07:08:48

Riporto alcuni pensieri pubblicati sull’Eco di Bergamo subito dopo che nel campo di Chignolo d’Isola il 26 febbraio 2011 venne trovato cadavere il corpo della tredicenne Yara Gambirasio
Riporto alcuni pensieri pubblicati  sull’Eco di Bergamo subito dopo che nel campo
di Chignolo d’Isola  il 26 febbraio 2011 venne
trovato cadavere  il corpo della
tredicenne Yara Gambirasio.

  

“Sono
un prete che vive da 30 anni con giovani drogati, confusi , violenti che
portano nella loro sacca il male. Li avvicino e aiuto a svuotarla … Ti scrivo
perché anche tu possa rovesciare questa sacca. Le ricerche sul cadavere di Yara
proseguono per trovare anche piccoli indizi che tu possa aver lasciato, quella
sera del 26 novembre, forse in balia di una passione o di uno stato di
aggressività incontenibile. Qualcuno già parla di “delitto perfetto”, cioè di
delitto in cui tu non hai lasciato alcun segno o indizio. Mi sembra che sia
troppo presto dirlo, il tempo e gli accertamenti scrupolosi rileveranno chi
sei. Ne sono certo. 
Mi chiedo però che cosa sia rimasto nella tua mente e cuore dopo aver ucciso
una tredicenne? Gelo, sadismo, vigliaccheria, menefreghismo, senso
d’onnipotenza? Ti sarà almeno rimasto quel naturale rimorso o vergogna che ti
disturba? Se non ci fosse in te nemmeno quel qualcosa che riscatta l’umano,
allora dovremmo affibbiarti le amare parole di Quasimodo: “ Sei ancora quello
della pietra e della fionda, uomo del mio tempo”. 
Se posso esprimere un pensiero, suggerirti un consiglio, esci da quel
nascondiglio ipocrita che ogni giorno ti rende sempre più sporco interiormente,
cammina per una notte intera su una strada di campagna tra i campi e riporta
alla tua mente quel piccolo corpo buttato tra le sterpaglie e lasciato per tre
mesi in balia delle intemperie e degli animali. Poi al mattino, fermati,
telefona o presentati a un commando dei carabinieri per dire come hai ucciso
Yara e perché. 
E’ un momento difficile per la tua vita, ma necessario per liberarti da un
“mostro” interiore che ti divora. Hai ucciso Yara, ma da quel momento è
iniziata anche la tua morte mentale. Il senso di colpa è un “killer” spietato
che ti tortura prima e poi ti finisce, distrugge. Non so chi sei, non immagino
nemmeno il tuo volto, la tua età, dove ti trovi. 
Dirti
che il male che hai compiuto è grande, ma che ce anche la speranza del
perdonarti e soprattutto farti perdonare. Non sei un mostro e mai lo sarai se
esci allo scoperto, se lasci quel “pozzo buio”, dove lo sterco t’imputridisce
sempre di più. 
Non
abbruttirti ancora di più, non scegliere un destino distruttivo, puoi
riabilitarti attraverso la sofferenza e quel perdono che Dio non nega a chi si
rivolge a lui con il suo fardello di male”.

  

Massimo sei in carcere da quasi un anno. La stampa, la
televisione hanno mostrato il tuo volto come presunto assassino di Yara.  Mi sono chiesto più volte: ma è veramente
Massimo l’assassino? E se non lo fosse? Nel prossimo luglio accusa e difesa
avranno in Tribunale uno scontro per affermare la tua colpevolezza, la tua
innocenza.

 Tu, più volte hai
dichiarato di essere innocente, a tua moglie, a tua madre e a tua sorella  e agli avvocati. Anche ultimamente mentre stringevi
le mani della mamma  dei tuoi figli  le hai gridato la tua estraneità al fattaccio.
Hai persino rifiutato il rito abbreviato per avere uno sconto di pena,
dichiarando con forza che un innocente non accetta nessuna condanna. Sono
d’accordo.

Ti voglio però chiedere se di fronte ai tuoi figli ti senti libero
da ogni colpa? Davanti al loro sguardo e sofferenza non puoi mentire. Loro ti
sono vicini,  non possono essere uccisi
dentro nella loro anima dalle tue menzogne. Se invece sei davvero innocente i tuoi
figli ti assolveranno perché la verità è quella  luce interiore che nessun Tribunale potrà
spegnere… Non ti basterà l’assoluzione dei figli se tu fossi condannato,
sappi però che la giustizia umana si basa sulle prove e non è esente da errori.
 Io prego per te Massimo perché la
sentenza sia vera.

 

 

 

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