La nascita del padre

La nascita del padre

Massimo Gramellini prima di diventare padre in un’età “che è più da nonno che da papà”,
sceglie di dedicare un libro al suo primogenito Tommaso, “Prima che tu venga al mondo.”
Un capitolo per ogni mese di gestazione, un racconto di vita passata, presente o futura
scritto nero su bianco per aiutare il piccolo Tommaso a nascere o per aiutare il grande
Massimo a diventare papà. Un libro ironico, dolce e tenero ma anche vero che racconta di
un papà come tutti, o quasi. Racconta anche di un figlio come tutti, o quasi. Più che
definirlo libro, lo definirei inno alla vita perché in un libricino così piccolo l’autore riesce a
condensare il sé stesso bambino ma anche le sue paure per una paternità così in là negli
anni. Mi è piaciuto molto anche l’amico Norberto, sempre pronto a mettere alla prova il
quasi papà con i suoi test un po’ strampalati e le sue frasi ad effetto.

Una storia vera

Una storia che cattura il lettore e lo trasporta all’interno di un monologo padre -nascituro
intriso di vita, di sentimenti, di attimi di felicità, pronti a svanire. È un libro che ci racconta
qualcosa di più sulle emozioni che pervadono un papà e che lo accompagnano dalla
scritta “incinta” sul test di gravidanza al momento in cui l’infermiera lo fissa perché suo
figlio è nato, perché lui, proprio lui, è riuscito a contribuire a creare una vita che, si spera,
sarà piena e viva. Questo libro ha lasciato dentro di me una bellissima sensazione di gioia
e di calore. Mi ha catturato una delle tante affermazioni dello scrittore “Non perdere tempo
a fare meglio degli altri quello che fanno già tutti. Prova a fare meglio che puoi qualcosa
che non ha ancora fatto nessuno”. Cioè? Parlare a quel figlio che per nove mesi abita nel
grembo materno e attendere la sua nascita.

Un racconto d’attesa

È il racconto di una trasformazione e di un’attesa che si compone di nove capitoli, quanti
sono i mesi che dividono l’autore dall’arrivo di Tommaso. Un capitolo per ogni mese di
gravidanza, dunque, in un lungo racconto, sotto forma di lettere che il futuro papà indirizza
a quel bambino che non c’è ancora, tra emozioni e ironia, tra gioie e paure. Quella che ci
consegna Gramellini è una storia di amore e di rinascita, una rinascita che può aver inizio
solo dopo aver fatto i conti con il proprio vissuto, con il passato. Racconta lo scrittore:
“Nonostante l’età mi offrisse l’alibi per una ritirata strategica, ho inserito la modalità pater
nel mio navigatore sentimentale e sono uscito dalla zona di conforto per cambiare tutti i
punti fermi: lavoro, casa, città e compagna. Forse è troppo tardi per avere un figlio, ma
non per comportarmi da padre nei confronti della mia vita. Adesso il quadro appare più
chiaro. Non mi sono mai costruito una famiglia perché ne avevo rimosso il ricordo tra le
tempeste dell’infanzia. La associavo al dolore incolmabile di una perdita. Soltanto dopo
avere finito di fare pace con mia madre ho potuto mettermi sulle tracce di una donna come
lei”.

La paternità, un passaggio

In questo viaggio, Massimo si racconta, spesso con ironia: “Ecco che cosa mi
preoccupava, della paternità. Non la procreazione in sé, ma il passaggio. Dalla condizione
di figlio a quella di padre” -, provando quel senso di inadeguatezza che, d’improvviso,
coglie un po’ tutti i futuri genitori. La mia compagna Simona, invece, già madre di Diego,
sembra prontissima, la madre che ogni figlio vorrebbe”. Ma anche se il neopapà ha quella
scheggia ancora piantata nel cuore, cioè la condizione di essere figlio, sembra a 59 anni
risoluto nel volerla scacciare, esiliare dal suo presente e, ancor di più, dal suo futuro di
genitore. Nel frattempo, nell’attesa di diventare padre, lo vediamo intento ad aiutare Diego
a scrivere la filastrocca verde dedicata al nascituro: “Fratellino caro, se il tuo sedere perde,
corri subito in bagno, a far la cacca verde”.

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