Il Natale dei nostri nonni e bisnonni

Il Natale dei nostri nonni e bisnonni

“I ricordi che ci riportano nel passato hanno qualcosa da suggerirci, da insegnarci. Conservano esperienze, desideri raggiunti, ideali che solo il futuro ha potuto accertare. Nel mio piccolo mondo di ieri, povero di cose e ricco d’umano, ho conosciuto persone, vissuto fatti che hanno lasciato in me il desiderio di correre verso il futuro con in mano la fiaccola accesa.” Don Chino Pezzoli

Sembra incredibile pensare che, meno di sessant’anni fa, le cose erano totalmente diverse, anzi, proprio l’esatto contrario: i bisnonni e nonni ricordano ancora il tempo in cui il Natale era una festa esclusivamente religiosa e vissuta in maniera più intensa e partecipata di quanto non lo sia oggi.

I ragazzi si riunivano nei cortili, nelle famiglie o nelle stalle per tutto il tempo che precedeva il Natale e intonavano le canzoni natalizie, non canti d’autore, ma canti popolari della tradizione regionale, uno diverso dall’altro ma ciascuno con una sua particolarità, che narravano gli eventi legati alla nascita di Gesù. E nove giorni prima del lieto evento natalizio tutti in Chiesa per la novena natalizia che ci preparava interiormente al Natale.

Nella prossimità del Natale, le mamme recuperavano pezzi di vecchie lenzuola per dare forma alle bambole di pezza; i papà, a volte aiutati dai falegnami che avevano bottega, costruivano piccoli giocattoli di legno, qualcuno anche intagliato. In alcuni paesi e città i genitori riservavano ai bambini più piccoli la sorpresa di Gesù bambino che passava dopo la mezzanotte, appena nato, nelle case e lasciava alcuni doni: caramelle, aranci, castagne, biscotti e qualche pezzo di carbone ai bambini cattivi.

Si attendeva la mezzanotte in famiglia prima di mangiare la «busecca» (la «trippa»). La busecca aveva una specialità, veniva cioè preparata con le interiora dei polli e galletti  allevati nei cortili di casa. Grandi e piccoli, riuniti attorno alla tavolata, recitavano una  preghiera al bambino Gesù, facevano un canto natalizio e consumavano il pasto gustoso scambiandosi gli auguri.

La Messa natalizia tradizionale di quegli anni era quella delle 10 del mattino. Tutta la famiglia era presente ad ascoltare il sermone del parroco per trascorre quel giorno sereno e aprire la porta della propria casa ai poveri per pranzare insieme.

Tornate dalla Messa, le donne  ultimavano di cucinare il pranzo di Natale, mentre gli uomini erano impegnati a caricar la legna nella stufa e nel il camino, portare il fiasco di vinello conservato in cantina per la circostanza, disporre le sedie e le panche attorno alla tavolata, tenere a bada i figli e i nipoti che scorrazzavano da ogni parte. Al tocco del mezzogiorno tutti al proprio posto attorno alla tavolata per una preghiera di ringraziamento e il corale buon appetito. Allora l’appetito non mancava…

Il pranzo di Natale era il momento in cui tutta la famiglia si ritrovava riunita insieme. Prima che si iniziasse a mangiare, era tradizione da parte dei bambini far trovare una letterina piena di buoni propositi sotto il piatto del papà e della mamma: promettevano maggior impegno a scuola, più educazione in famiglia e i più grandi assicuravano l’impegno di aiutare i genitori nel lavoro in campagna, nella bottega artigianale. Allora l’obbedienza e il rispetto dei genitori era una virtù.

Il presepio costruito in un angolo della casa, ricordava la nascita di Gesù in una stalla, povero. Le statuine erano molto più grandi realizzate in cartapesta, in legno, spesso ereditate dai padri e dai nonni; di solito si arricchiva il paesaggio con il muschio e rami di ginepro e gelso tagliati nei boschi delle colline o campagne. Il paesaggio del presepe oltre alle statuette era guarnito di casette, di strade, di pascoli con le pecore e il pastore. La capanna era al centro del presepe dove capeggiava il bue e l’asino impegnati a riscaldare il piccolo nato e le due statuine di Maria e Giuseppe.

Il pomeriggio di Natale dopo aver pranzato mentre i grandi discutevano, giocavano a carte, alla mora, i giovani scorrazzavano per il paese in attesa della cena e della tombolata, mentre i piccoli giocavano in casa o in cortile con una palla, una corda, a bandierina, a lippa e altri giochi di quel tempo. Un Natele povero, ma bello. A sera mentre grandi e piccoli salivano le scale di legno per recarsi nelle stanze, la gioia di quella giornata veniva velata dal pensiero che il giorno dopo dovevano attendere per pochi soldi al duro lavoro

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