Il morbo della fretta

Il morbo della fretta

L’opinione di Don Chino
2014-09-27 09:20:03

Non so se esista una cura o almeno un espediente educativo che possa curare il morbo della fretta. Sta di fatto che la fretta è tollerata, giustificata o peggio considerata una necessità sociale
Non so se esista una cura o almeno un espediente educativo
che possa curare il morbo della fretta.  Sta di fatto che la fretta è tollerata,
giustificata o peggio considerata una necessità sociale.  Il compiere, infatti, le cose velocemente, per
poterle fare tutte, è una delle nostre fissazioni quotidiane. Fin da piccoli ci
hanno insegnato a prepararci al mattino una lista di incombenze da affrontare
durante la giornata; alla sera, prima di coricarsi si deve controllare quanti
problemi si sono risolti e quanti invece ci aspettano domani. La soddisfazione
è legata al gran numero di faccende affrontate. Le si “spunta” dalla
lista mentale, con un “fatto, fatto”…

  

Non ci accorgiamo che questo modo veloce di vivere e pensare
ci porta a costruire dentro di noi atteggiamenti ossessivi. La psicologia ci
suggerisce che le idee ossessive sono alla base delle manie perché hanno le
caratteristiche d’essere abbondanti, poco profonde e quasi prive di qualità.

Ognuno di noi è spinto oggi a vivere la vita in
un’accelerazione spietata. Poter essere efficienti, comunicare, fare, preparare
rapidamente un cibo (fast food), eseguire spostamenti veloci, tutto rappresenta
efficienza, dinamismo, capacità di produrre.

  

Alcune radio di buon ora al mattino mandano in onda  programmi attraverso il computer per
selezionare e censurare le tonalità in minore, che tendono, secondo alcuni
psicologi, a produrre effetti deprimenti. Si pensa che Alcune musiche lente,
c’impediscono di controllare la nostra psiche e portano spesso a sperimentare
in noi stati di tristezza e di depressione.  
Di qui la necessità d’ascoltare musica rock, d’accelerare ogni azione
per uscire dall’angoscia, tristezza e depressione.

 

Così pure è deleterio parlare lentamente con scarsa energia
o essere incapaci di prendere decisioni e agire. Ciò potrebbe causare
fissazioni, senso di colpa, lievi e persistenti disturbi fisici, pensieri di
morte e d’abbandono, pessimismo e paura del futuro. Insomma, una generale
avversione per il mondo circostante e, sopra ogni cosa, un sottofondo di
tristezza. La  tristezza e la depressione
sono invece causate dal ritmo di vita frenetico, poiché quando viene meno tale
frenesia la mente si coglie vuota, passiva, inesistente.

  

Il correre, agitarsi, produrre qualcosa continuamente, dà la
sensazione di sentirsi vivi, validi. Nel momento in cui cessa il tutto,
subentra la tristezza.  Ci manca invece il tempo sufficiente per
personalizzare le azioni. La nostra società ha sviluppato una vera mania per la
velocità, una sorta di virus che colpisce tantissime persone. E quando si
diventa vittime di una coazione estesa, raramente si riesce a capacitarsi di
ciò che accade e non c’è nemmeno il tempo per trovare il modo di uscirne. Corriamo,
abbiamo fretta, siamo veloci in tutto. Gli altri diventano dei fantasmi dal
corpo facilmente attraversabile. Se, per esempio, stiamo correndo per prendere
l’autobus e qualcuno ci si para davanti, pur non avendo intenzione di mancargli
di rispetto, lo spingiamo da parte. Ciò avviene ovunque e ripetutamente in
altre circostanze. Qualcuno bisbiglia: “Mi scusi, non lo fatto apposta”.

Altri non si degnano nemmeno di scusarsi, perché vanno
troppo in fretta.

  

Siamo tanto presi e frenetici che diamo come normale la
maleducazione, la mancanza d’attenzione. Si è sviluppata una sorta d’epidemia
che colpisce milioni di persone, d’ogni età e condizione sociale. La lamentela
più diffusa è quella che ci manca il tempo per fare tutto. Il significato vero
di questa lagnanza, tuttavia, va cercato nella smania di poter fare tante,
tantissime cose, di sentirci a nostro agio solo se siamo sempre in movimento,
in agitazione. Desideriamo quindi fare più di quanto il tempo a disposizione ci
permetta. Alcuni, per abitudine o cattiva gestione delle serate, iniziano la
giornata già in ritardo e, al mattino, in fretta e furia, pretendendo di
recuperare le ore perse con ritmi accelerati. Si mettono in macchina e di corsa
vogliono raggiungere in fretta il posto di lavoro. Altri, corrono e riempiono
il carrello al supermercato, mentre sbirciamo la cassiera con meno clienti e
sbuffano se quella si distrae con la collega. Altri ancora, consumano
velocemente i pasti agli snack bar; salutano gli amici con un cenno,
assicurandoli di incontrarli poi… In questo modo, le persone non si concedono
il tempo di sorridere e di augurare ai familiari, ai colleghi di lavoro il buon
giorno, d’interessarsi dei loro problemi e raccontare qualche particolare della
giornata. Non c’è tempo per i velocisti del niente. 

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