I GRANDI MAESTRI DELL’UMANITA’ – PADRE MASSIMILIANO KOLBE

I GRANDI MAESTRI DELL’UMANITA’ – PADRE MASSIMILIANO KOLBE

L’opinione di Don Chino
2016-05-11 08:04:29

Nato a Zduńska Wola in Polonia, 8 gennaio 1894 con il nome di Raimondo Kolbe
Nato  a  Zduńska Wola
in Polonia, 8 gennaio
1894 con il nome di Raimondo Kolbe, in una famiglia dalle
condizioni economiche modeste in una zona polacca sotto il controllo della Russia. Il padre Julius Kolbe, tedesco,
era tessitore e la madre polacca Maria Dąbrowska faceva la levatrice. Aveva
quattro fratelli. A tredici anni cominciò a frequentare la scuola media dei
francescani a Leopoli.  Il 4 settembre 1910 vestì come novizio l’abito francescano assumendo il nome di Massimiliano. L’anno successivo venne inviato a Cracovia e quindi a Roma per continuare gli studi in filosofia e teologia.
Nei primi
tre anni trascorsi alla Pontificia Università Gregoriana, si dedicò alle scienze e alla
matematica, compresa la trigonometria, la fisica e la chimica, poi allo studio
della filosofia e della teologia, grazie alle quali conseguì due lauree, una
nella sede dell’università stessa e l’altra al Collegio Serafico Internazionale. Nel 1914 professò i voti perpetui. Lo stesso anno il padre,
ufficiale nelle legioni polacche, venne fatto prigioniero dai russi
e probabilmente fucilato. La madre invece si ritirò a una vita in convento.
Il 28 aprile
1918 venne ordinato sacerdote nella basilica di Sant’Andrea della Valle, a Roma, e il giorno successivo
celebrò la sua prima messa nella vicina basilica di Sant’Andrea delle Fratte. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò subito in patria, a
Cracovia.
Durante la
permanenza in Italia, Kolbe maturò e approfondì uno dei tratti essenziali della
sua esperienza spirituale, legato alla venerazione di Maria, che
caratterizzerà poi il suo impegno pastorale. Nel 1917, sulla scia dell’impegno teologico e intellettuale
che i francescani avevano speso nei secoli per promuovere il riconoscimento
dell’Immacolata Concezione di Maria, fondò assieme ad alcuni confratelli la
Milizia dell’Immacolata“.
L’obiettivo
era dare continuità anche sul fronte esistenziale e pastorale al legame dei Frati Minori Conventuali con Maria, diffondendone nel mondo la devozione anche
attraverso i mezzi offerti dalle tecnologie del tempo, quali la stampa e, successivamente, la radio.
Padre Kolbe era infatti consapevole di doversi
impegnare in un periodo storico difficile, caratterizzato dall’emergere di
ideologie totalitarie e dalle sfide sociali poste dall’industrializzazione, dal materialismo e, appunto, dallo sviluppo dei mass-media. Studiò quindi tutto, per vedere
gli aspetti positivi di ogni realtà e costruire poi su queste basi.
Il 28 maggio 1941 padre Massimiliano Kolbe giunse nel campo di
concentramento di Auschwitz, dove venne immatricolato con il numero 16670 e
addetto a lavori umilianti come il trasporto dei cadaveri. Venne più volte
bastonato, ma non rinunciò a dimostrarsi solidale nei confronti dei compagni di
prigionia. Nonostante fosse vietato, Kolbe in segreto celebrò due volte una
messa e continuò il suo impegno come sacerdote.
La fuga di uno dei prigionieri causò
una rappresaglia da parte dei nazisti, che selezionarono dieci persone della
stessa baracca per farle morire nel bunker della fame. Quando uno dei dieci
condannati, Francesco Gajowniczek, scoppiò in lacrime dicendo di avere una
famiglia a casa che lo aspettava, Kolbe uscì dalle file dei prigionieri e si
offrì di morire al suo posto.
In modo del tutto inaspettato, lo scambio però venne concesso: i campi di
concentramento erano infatti concepiti per spezzare ogni legame affettivo e i
gesti di solidarietà non erano accolti con favore.
Kolbe, venne quindi rinchiuso nel bunker a Auschwitz
dove  muore 14 agosto 1941, dopo
due settimane di agonia senza né acqua né cibo.La fortezza di questo sacerdote,
non ha spiegazioni solo umane, ci rivela la forza della grazia che lo sostiene
nella scelta del dono più grande. E’ Cristo stesso a dircelo: “Non c’è amore
più grande di chi dà la propria vita“.

 

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