I GRANDI MAESTRI DELL’UMANITA’ – Giuseppe Ungaretti

I GRANDI MAESTRI DELL’UMANITA’ – Giuseppe Ungaretti

L’opinione di Don Chino
2018-03-16 08:36:20

Ungaretti è stato uno dei massimi poeti italiani del Novecento

Ungaretti è stato uno
dei massimi poeti italiani del Novecento. In una delle poesie composte mentre
era al fronte durante la Prima guerra mondiale, chiama fratelli i propri
nemici: affrontare il tema della fraternità durante un atroce conflitto è un
esempio della novità del suo messaggio.
Giuseppe Ungaretti
nasce ad Alessandria d’Egitto nel 1888, da genitori emigrati dalla Lucchesia. A
due anni rimane orfano del padre
(morto per infortunio durante i lavori di
scavo del Canale di Suez) e cresce con le risorse della mamma, che aveva un
forno per il pane.
Nel 1912 lascia
l’Egitto per frequentare l’Università di Parigi, dove studia lettere. Qui
incontra grandi maestri tra i quali il filosofo Henri-Louis Bergson, le cui
lezioni influenzeranno i temi della sua poesia.

Il mistero: qualcosa
che non possiamo capire e afferrare.

“Il mistero c’è, è in
noi. Basta non dimenticarcene”, scrive il poeta. E aggiunge: “Il punto
d’appoggio sarà il mistero, e mistero è il soffio che circola in noi e ci
anima…”. Forse per cominciare a parlare di questo grande poeta non possiamo che
partire dal mistero, quel qualcosa che non possiamo capire o afferrare;
eppure per la nostra stessa natura di uomini vogliamo sempre indagarlo. Le
parole di questo poeta ci avvicinano alla verità ma lasciando aperto uno
spazio: una continua, incessante, approssimazione all’assoluto. Tutto è
misterioso. Persino un fiore. “Tra un fiore colto e l’altro donato /
l’inesprimibile nulla”, scrive il poeta inEterno. 

Speranza segno di un
cuore indomito,

In Ungaretti vibrano
i grandi interrogativi dell’uomo con una chiarezza e un’urgenza che
lo assimilano certamente a Leopardi perché anche di fronte al dolore più
insensato, come la morte di un figlio, riuscì a mantenere viva la
speranza, segno di un cuore sempre indomito e guerriero. Fu un poeta
straordinario, Ungaretti, e la sua influenza sulle generazioni successive fu
profonda.  Ungaretti non fu mai imitatore
di se stesso: il suo stile cambiò, sempre seguendo il suo cuore indomito,
afferma: “Sono stato un uomo della speranza”. 

Le
rovine e le lacrime

Pietra
e pianto procedono in una continua comparazione finché non diventano una sola
cosa. Le rovine prendono il posto delle lacrime sul volto, pietre scorrono
asciutte e terribili sulla pelle. In una lettera a Papini (8 luglio 1916)
Ungaretti scrive: “Pensavo: c’è qualcosa
di gratuito al mondo, Papini, la vita; c’è una pena che si sconta, vivendo, la
morte”. […] – Pensavo: non ci sono più foglie sul monte, né cicale, né grilli;
e c’è rimasta la mia morte viva”

Muore a Milano nel 1970.

“Non sono il poeta dell’abbandono alle delizie del
sentimento, sono uno abituato a lottare, e devo confessarlo – gli anni vi hanno
portato qualche rimedio – sono un violento: sdegno e coraggio di vivere sono
stati la traccia della mia vita. Volontà di vivere nonostante tutto, stringendo
i pugni, nonostante il tempo, nonostante la morte” (Giuseppe Ungaretti)

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