Educare alla sobrietà

Educare alla sobrietà

Pensaci Su…
2015-05-23 16:32:56

Mi chiedo se i nostri figli accettano questa educazione alla sobrietà o povertà? Si adegueranno ad avere l’essenziale, le cose che servono per una vita semplice e dignitosa? E i genitori sono pronti a sostenere le contestazione che i figli gli butteranno addosso?
Mi chiedo se i nostri figli accettano questa
educazione alla sobrietà o povertà? Si adegueranno ad avere l’essenziale, le
cose che servono per una vita semplice e dignitosa? E i genitori sono pronti a
sostenere le contestazione che i figli gli butteranno addosso? Le mie sono
domande che esigono risposte impegnative. Mi è sempre piaciuta molto la tesi
secondo cui la sobrietà poggia su alcuni imperativi: badare all’essenziale,
utilizzare l’oggetto finché è servibile, non gettare le cose che si rompono,
essere consapevoli che ogni cosa acquistata comporta lavoro, fatica. 

Forse, noi adulti, dobbiamo ritornare a pagare la
spesa con gli euro e non con il bancomat o la carta di credito. I soldi che si
sborsano e che diminuiscono nel portafoglio sono psicologicamente un
avvertimento a porre attenzione a non spendere in modo avventato e disordinato.
Così pure ridurre i consumi significa ad esempio chiedersi se l’acquisto che
stiamo per fare corrisponde ad un bisogno vero o a un bisogno indotto dalla
pubblicità. 
Abituare anche i nostri figli ad essere critici nei
confronti della pubblicità non è facile. Spesso la cosa che serve di più è
l’ironia che banalizza certi acquisti superflui e fa capire ai nostri ragazzi
che certi acquisti sono dettati dalle mode, da un condizionamento di massa.
Proviamo a dire ai figli che è impegnativo andare contro corrente nel settore
del vestiario e delle abitudini alimentari: aiutarli insomma a capire che un
bel panino vale ampiamente la merendina reclamizzata o che la miglior firma sui
capi di abbigliamento è la nostra fantasia, la nostra simpatia. 
E poi utilizziamo lo stesso oggetto finché è
servibile, ricicliamo tutto ciò che può essere rigenerato. La sobrietà non
consiste in una parola, in una raccomandazione che i genitori fanno pervenire
ai figli. E’ una scelta di vita che trova, specie in famiglia, applicazione. La
mamma sobria cucina usando le dosi giuste di cibo e di condimento, pulisce
senza dispendio di detersivi, rammenda gli indumenti, controlla la temperatura
dell’ambiente, risparmia sugli acquisti. 
Non mi si dica che questa mia proposta paralizzerà i
consumi. Non succederà perché se non sprechiamo, avremo a disposizione quanto
ci serve per acquistare i beni necessari e avere anche qualche euro in più di
riserva per gli imprevisti. Voglio concludere questa conversazione richiamando
tutti uno “stile di vita” nuovo. Non si improvvisa, non è fatto di
episodi. È lo specchio visibile di un’ etica personale, antropologia. 
È la saldatura di tre elementi: una spiritualità che
dà senso alla vita, un’opzione fondamentale che orienta verso il bene, una
prassi quotidiana che si concretizza nelle scelte valide. Ma c’è ancora
qualcosa che voglio sottolineare. Più che per il significato economico, la
sobrietà è importante per il suo valore antropologico. In effetti, nella
sobrietà si manifesta tutta la “premura per l’altro” partendo appunto da
una persona consapevolmente sobria, una persona che in questo modo si impegna a
“condividere” e a rispettare il “limite” del possesso, a rifiutare
l’ebbrezza dei consumi, dell’accumulo.

 

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