I GRANDI MAESTRI DELL’UMANITA’ – Ludwig van Beethoven

I GRANDI MAESTRI DELL’UMANITA’ – Ludwig van Beethoven

L’opinione di Don Chino
2016-01-22 06:35:47

Si tratta probabilmente del più grande compositore, i suoi traguardi artistici si sono rivelati di portata incalcolabile. Nelle sue opere musicali lo sforzo di trasfigurazione appare che trascendesse l’umano sentire.
Si tratta
probabilmente del più grande compositore, i suoi traguardi artistici si sono
rivelati di portata incalcolabile. Nelle sue opere musicali lo sforzo di
trasfigurazione appare che trascendesse l’umano sentire. 

Nato a Bonn (Germania)
il 17 dicembre 1770 Beethoven crebbe in un ambiente culturale e familiare
negativo. Il padre fu tacciato dagli storici come un cantante ubriacone, capace
solo di sperperare i pochi guadagni che era in grado di racimolare. La madre,
donna giudiziosa e onesta, era segnata da una salute cagionevole. Ebbe sette
figli, quattro dei quali morti prematuramente. 
Il futuro del grande
musicista Ludwig si trova dunque ben presto gettato nell’arena della
sopravvivenza, forte solo del suo precoce talento.  A nove anni inizia studi più regolari con
Christian Neefe, organista di Corte, a quattordici è già organista della
Cappella del principe e poco dopo, suona nell’orchestra del teatro. 
Nel 1792 lascia Bonn
per recarsi nella più vivace Vienna, la città che più lo avrebbe apprezzato e
in cui poi si sarebbe fermato per il resto della vita. Le sue capacità
d’improvvisazione al pianoforte, scioccavano l’uditorio. 
La sordità progressiva
lo colpisce già in giovane età, causando crisi e intensificando il suo distacco
dal mondo, frutto non di banale disprezzo ma dell’umiliazione di non poter
godere in modo semplice della compagnia altrui. Solo le passeggiate in campagna
gli danno un po’ di pace ma col tempo, per comunicare con lui, gli amici
dovranno rivolgergli le domande per iscritto. Sono rimasti i celebri
“quaderni di conversazione”. 
Il 7 maggio 1824, a Vienna, Beethoven
appare in pubblico per l’ultima volta, per l’audizione della sua celebre
“Nona Sinfonia”. Il pubblico prorompe in applausi fragorosi. Seduto
accanto al direttore d’orchestra, le spalle rivolte al pubblico, il compositore
sfoglia la partitura, materialmente inibito a sentire ciò che lui stesso ha
partorito. Devono costringerlo a voltarsi perché possa constatare l’immenso
successo riportato dalla sua opera. 
Il 26 marzo 1827 alza
il pugno al cielo, come vuole una famosa immagine romantica, e muore di
idropisia. Il suo funerale è fra i più colossali mai organizzati, l’intera
città è attonita. In un angolo della chiesa stava una figura anonima e meditabonda
il grande musicista Franz Schubert. 
“Noi, esseri finiti, personificazioni di uno spirito infinito, siamo nati per avere insieme gioie e dolori; e si potrebbe quasi dire che i migliori di noi raggiungono la gioia attraverso la sofferenza.” 
(Beethoven) 

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