FERMEZZA 4

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Pensaci Su…
2018-07-25 08:59:43

Umilta’ e impegno

UMILTA’ E IMPEGNO

La nostra cultura, sempre più modellata sull’avere e
sull’apparire, non riconosce la forza dell’umiltà, ormai declassata e data in
custodia a qualche anziano che non ha ancora smesso di apprezzarne il valore.
Il pensiero attuale ha estromesso la forza dell’umiltà, ritenuta un limite per
emergere, affermarsi. Conta invece l’antagonista dell’umiltà, la superbia, che
assicura il successo e la visibilità.

Le generazioni passate avevano scoperto l’umiltà
nascosta nella terra, toccandola con le mani, stringendo i mattoni, il legno,
gli attrezzi duri del lavoro, il pane. Gli uomini e le donne di allora si
scoprivano umili, cioè “terra” e dialogando con essa apprendevano il mestiere
del vivere

Semplicità
e astuzia
 

Cari giovani, siate umili e forti. Amate la bellezza,
l’arte, la natura, la spiritualità, la poesia, la letteratura, ma soprattutto
il Vangelo. Gesù si presenta nelle scritture “umile e mite di cuore” e ci suggerisce di essere “semplici come le colombe e astuti come i
serpenti”,
amanti dei piccoli, dei poveri, degli emarginati. Esso affronta
con forza i superbi scribi e farisei e li stigmatizza con parole dure: “razza di vipere, sepolcri imbiancati, coppe
dorate all’esterno e piene di putridume dentro”.
Quanta fortezza in questo
uomo venuto a predicare il Regno, la condivisione, la carità!  Quanta bellezza in noi e fuori di noi se ci
scopriamo umili, piccoli, ma forti perché abitati da un soffio di eterno!
 

Un innesto
importante

Non mi si fraintenda, cari amici, non voglio, con
questo innesto di Dio nella nostra vita, penalizzare la ricchezza umana che si
possiede. La persona è creatura di Dio e porta in sé il suo soffio. Non deve
però mai ignorare la forza  e la grazia
che vengono da Dio e sorreggono la sua fragilità di creatura. Ma come? Forse
Dio sostituisce l’uomo? Dio ha rispetto della sua creatura e mai la
sostituisce, solo la eleva, potenzia i suoi talenti, le sue risorse umane. Dio
ci chiede solamente un atteggiamento umile, che ci fa desiderare il bisogno di
Lui. Ci domanda di sentirci sempre creature. La morte dovrebbe ridimensionare
la nostra presunta grandezza, ma la nostra stupida superficialità rimuove
questo esproprio
 

La morte o
livella
 

Totò paragona la morte a una “livella”, cioè a una
condizione comune di esproprio da tutti e tutto. Interessante la polemica tra
il marchese e il netturbino al cimitero. Il contenuto ci sta a dire che la
morte ci rende tutti cenere. Il marchese vuole onorabilità e distinzione anche
nel cimitero e polemizza con un netturbino che si è messo nella tomba accanto.
Pungente la risposta di Gennaro, lo spazzino: “Ma ti credi di essere un dio?
Qua dentro nella fossa, cerca di capire, siamo uguali, morto sono io, morto sei
tu”. Questa “livella” che ci riserva la morte non fa parte dei nostri pensieri.
Pure al cimitero vorremmo distinguerci con la tomba, con l’epitaffio.  L’assurdo è che questa realtà della morte non
fa parte dei nostri pensieri: addio umiltà, una fortezza che ci “pialla”.

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